venerdì 13 dicembre 2013

Cloruro di vinile: un caso studio di soppressione e manipolazione dei dati scientifici ad opera dell’industria chimica


Questo che vi apprestate a leggere è la traduzione quasi integrale ( e abbastanza fedele..) di un articolo pubblicato da una delle più prestigiose e autorevoli riviste mediche internazionali di epidemiologia che potete scaricare in versione integrale (in inglese) al link indicato (1).
Anche se lunghetto vi consiglio di leggerlo fino in fondo, magari preparatevi una tazza di caffè o meglio di camomilla per restare un po’ calmi…

La cancerogenicità del CVM è stata dimostrata molti anni fa

Il cloruro di vinile monomero (CVM) è prodotto esclusivamente per la polimerizzazione in cloruro di polivinile (PVC), un plastificante utilizzato nell’industria delle costruzioni, di produzione di materiale elettrico, dei trasporti e degli imballaggi; nella produzione di oggetti ad uso domestico, per esempio pavimenti, condotte dell'acqua, compact disc e videodischi, carte di credito; in prodotti medicali come dispositivi e tubi per uso endovenoso, padelle da letto. Le fonti d’inquinamento comprendono i siti di produzione e fabbricazione, gli inceneritori, le discariche di rifiuti.


Le prime prove sperimentali della cancerogenicità del cloruro di polivinile furono ottentue nel 1969, con la scoperta di rari cancri del fegato nei lavoratori esposti. In seguito alla pubblicazione di questi dati, l'agenzia americana Occupational Safety and Health Administration (OSHA) nel 1975 stabilì che negli impianti di produzione del cloruro di vinile e del cloruro di polivinile i livelli medi di esposizione sul posto di lavoro dovevano essere ridotti da 500 parti per milione a 1 (una parte per milione), in modo da assicurare l'adeguata protezione dei lavoratori.
Quando la OSHA pubblicò i nuovi limiti di esposizione a una parte per milione,  i portavoce dell'industria rilasciarono immediatamente fosche previsioni riguardo la perdita dei posti di lavoro e la chiusura degli impianti. Tuttavia, in meno di due anni, quasi tutti gli impianti negli Stati Uniti furono in grado di rispettare i nuovi standard senza compromettere i precedenti
tassi di crescita dei volumi di vendita e i posti di lavoro.

Primi occultamenti delle prove sulla epatotossicità del cloruro di vinile

Gli industriali chimici avevano candidamente riconosciuto più volte in privato, molto prima della pubblicazione dei nuovi standard da parte della  OSHA nel 1975, che il limite di 500 parti per milione era eccessivo. Per esempio, nel 1959, il tossicologo V.K. Rowe, che lavorava alla Dow CHemica, scriveva privatamente a un suo collega che lavorava alla B.F: Goodrich : " noi ci sentiamo di poter affermare senza paura di essere smentiti…… che 500 parti per milione producono danni molto evidenti se inalate sette ore al giorno, per cinque giorno alla settimana per un periodo prolungato. Come potrai capire, questa informazione non è ancora matura per essere resa pubblica e ti sarei grato se volessi considerarla strettamente confidenziale, pur potendo usarla come meglio credi nel tuo lavoro quotidiano (2).
I produttori di CVM e di PVC ostacolarono anche la pubblicazione dei dati sugli angiosarcomi epatici nei roditori esposti al cloruro di vinile compiuti dall’italiano Cesare Maltoni che, verso la fine del 1972, aveva cominciato ad accumulare dati inoppugnabili i sui cancri primitivi del fegato e dei reni comparsi dopo esposizione a meno di 250 parti per milione, la metà, cioè,  del valore di 500 parti per milione che costituiva il limite allora considerato “accettabile” per l'esposizione dei lavoratori.. Il pubblico cominciò ad essere informato dei pericoli mortali del cloruro di vinile soltanto nei primi mesi del 1974,  quando alcuni giornali riportarono la morte di tre operai negli impianti della  B.F. Goodrich di Louisville, Kentucky. Come negli animali da esperimento di Maltoni, gli operai avevano un angiosarcoma epatico.

Prove su cancri da CVM diversi da quelli epatici

Oltre alle prove sul cancro del fegato, dagli anni 1970 gli studi della stessa industria cominciarono a descrivere un eccesso di tumori in organi diversi dal fegato, compreso il sistema respiratorio e quello nervoso. In una memoria interna del 1976, Mitchell Zavon, un medico che lavorava alla Ethyl Corporation, riconobbe che "gli studi epidemiologici finora compiuti hanno ampiamente dimostrato un'associazione fra l'esposizione ad elevate concentrazioni di CVM ed un aumento degli angiosarcomi epatici, dei tumori cerebrali e polmonari”.

Nel 1979 e nel 1987 gli esperti International Agency for Research on Cancer (IARC) dichiararono che “…il CVM è un cancerogeno umano. I suoi bersagli sono il fegato, cervello, il polmone e il sistema emolinfopoietico… Non vi sono prove che esista un livello di esposizione inferiore che non  assicuri un aumento del rischio di cancro negli esseri umani”.

Dopo la valutazione della IARC, l'industria chimica commissionò all'epidemiologo britannico Richard Doll  l’incarico di rivedere gli studi epidemiologici pubblicati in precedenza sul cloruro di vinile. L'esperto combinò i dati di quattro studi, trovando un eccesso di tumori cerebrali (29 casi osservati contro 19,5 attesi, con un rapporto di mortalità standardizzato, SMR *, pari a 148). Doll affermò che questo dato "non è statisticamente significativo" e non vi sono dati che suggeriscano che la sua origine sia di tipo occupazionale”. Lo stesso esperto abbassò il rischio di cancro stimato per tutti gli altri organi diversi dal fegato, concludendo che “.. la mortalità dei maschi esposti, tranne che nel caso dell'angiosarcoma epatico, è tipico degli operai sani e normali dell'industria, il che non significa che non esistano altri rischi, ma che gli effetti di tutti gli  altri singoli rischi è piccolo.”

Doll omise di rivelare i nomi dei suoi finanziatori nell'articolo, ma durante una deposizione in tribunale in un processo intentato da un lavoratore morto per neoplasia cerebrale, chiamato come testimone da uno degli imputati, ammise che il suo studio era stato commissionato dall'associazione degli  industriali chimici, la  Chemical Manufacturers Association (assimilabile alla nostra Federchimica) dalla quale egli aveva ricevuto un compenso di circa £ 12.000 (dodicimila sterline britanniche), come donazione ad un'associazione di beneficenza in ricompensa del suo lavoro. L'associazione di beneficenza scelta era il collegio fondato dallo stesso Doll e di cui egli era stato il primo presidente.

Le prove a favore di un'associazione fra neoplasie cerebrali e cloruro di vinile continuarono ad accumularsi dopo il 1988. Uno studio sponsorizzato dalla Chemical Manufacturers Association nel 1991 e condotto da Wong e altri tre ricercatori, riportò un significativo eccesso di morti per neoplasie cerebrali del sistema nervoso centrale (23 casi osservati contro 12,76 attesi; SMR = 180; IC 95% 114-271). Le conclusioni degli autori erano che “..questo aggiornamento conferma l'eccesso di cancro cerebrale e del sistema nervoso centrale”. Inoltre gli autori riportarono un significativo eccesso di morti per cancro del fegato e delle vie biliari combinato (37 casi osservati contro sei attesi; SMR = 641; IC 95% 450-884), per il cancro del fegato esclusi gli angiosarcomi (15 casi osservati contro tre attesi; SMR = 500) e per cancro delle vie biliari esclusi gli angiosarcomi (7 casi osservati contro 2,7 attesi; SMR = 259).

L’industria costrinse due ricercatori a ritrattare uno studio che dimostrava la cancerogenicità in organi diversi dal fegato

Due anni dopo con una marcia indietro alquanto insolita nella comunità scientifica, Wong e Whorton, due dei quattro autori della pubblicazione originale ritrattarono, affermando : "noi concludiamo che i nostri risultati relativi ad un eccesso di neoplasie cerebrali nei lavoratori statunitensi addetti alla produzione del cloruro di vinile, riportati nella nostra precedente pubblicazione, non sono probabilmente correlati con la sostanza chimica (il CVM, ndt).”

Il quotidiano Houston Cronicle commentò così la ritrattazione e l'uso che se ne fece in seguito da parte degli industriali chimici.

Wong non ricevette il permesso di pubblicare i suoi dati dallo sponsor dello studio, la Chemical Manufacturers Association, dati che avrebbero potuto essere usati contro l'industria in procedimenti legali, che avrebbero potuto allarmare i lavoratori e attirare l'attenzione dei legislatori. La pubblicazione non autorizzata fu considerata una provocazione dai membri della Chemical Manufacturers Association e furono necessari mesi per convincere Wong a ritrattare. Nonostante Wong abbia sempre negato di aver ricevuto pressioni, egli cambiò la sua storia sul cloruro di vinile, dichiarando che l'apparente eccesso di morti per neoplasie cerebrali tra i lavoratori poteva essere il risultato di "errori diagnostici" o di una migliore capacità diagnostica della malattia nell'industria rispetto alla popolazione generale… Copie della lettera di ritrattazione di Wong furono distribuite a tutte le industrie chimiche e ai loro legali. Sono ancora citate dagli avvocati di parte nei casi di tumore cerebrale, e sono usate per rassicurare gli operai sulla sicurezza e l'innocuità del cloruro di vinile e del cloruro di polivinile.”

Nel 2000, per la quarta volta, uno studio sponsorizzato dall'industria sull'epidemiologia del cloruro di vinile osservò un eccesso di tumori cerebrali fra i lavoratori esposti. Gli autori riportarono un aumento del tumore cerebrale fra i lavoratori esposti con SMR = 242; IC 95% 100-197, con una mortalità da tumore cerebrale maggiore negli operari  che avevano una più lunga storia lavorativa. Nonostante questo, gli autori conclusero che "il rischio di mortalità da tumore cerebrale era minimo, ma la sua correlazione con l'esposizione al cloruro di vinile rimane dubbia".

Molte delle valutazioni sui regolamenti emanati dall’ U.S. Environmental Protection Agency (EPA) (l’equivalente del nostro ministero per l’Ambiente) sono disponibili sul suo database pubblico, l’Integrated Risk Information System (IRIS), che contiene le dichiarazioni di consenso scientifico sui potenziali effetti umani sulla salute da contaminanti ambientali. Sebbene non possano essere considerate come norme di legge standard, le informazioni del database  sono spesso utilizzate dai legislatori federali e statali negli USA e in altre nazioni, in combinazione con i dati di esposizione, per stabilire gli standard di qualità ambientale e di esposizione per l'aria, l’acqua,  il suolo e gli alimenti.

I funzionari dell'EPA americana accettarono acriticamente un modello di valutazione del rischio cancerogeno preconfezionato dall'industria

Nel 1994, esperti pagati dall'industria chimica iniziarono a lavorare con i funzionari dell’EPA che avevano espresso l'interesse a lavorare con l'industria per sviluppare regolamenti scientificamente validi sul rischio associato al cloruro di vinile. Durante un meeting, gli scienziati sponsorizzati dall'industria presentarono ai funzionari governativi modelli preconfezionati di rischio epidemiologici e farmacocinetici, quest'ultimi disegnati per esprimere quantitativamente la correlazione fra l'esposizione esterna al cloruro di vinile e la dose interna depositata nel fegato; questi modelli consideravano l'assorbimento, la distribuzione, il metabolismo, l'eliminazione del cloruro di vinile e dei suoi  metaboliti.

Nonostante sia stato ampiamente dimostrato da documenti ufficiali che i funzionari governativi statunitensi e gli scienziati stipendiati dall'industria avessero iniziato la loro collaborazione fin dal 1994, questa collaborazione fu resa pubblica soltanto nel 1996.
Come abbiamo già detto, molto prima del 1994 l'industria aveva sponsorizzato e promosso modelli farmacocinetici da utilizzare dai funzionari governativi nella loro valutazione del rischio associato al cloruro di vinile. Secondo due di questi modelli, il cloruro di vinile doveva essere considerato da  150 volte a 80 volte meno potente come cancerogeno rispetto ai valori utilizzati a quel tempo per i processi decisionali in materia ambientale, implicando che i criteri standard per l'inquinamento (e la bonifica dei locali contaminati) potevano essere ridotti in modo significativo.

 I funzionari governativi alla fine scelsero uno di questi modelli, modificandolo in modo tale che la  cancerogenicità del cloruro di vinile fosse ridotta “solo” di 10 volte rispetto al livello di pericolosità considerato in precedenza. Sebbene il modello fosse stato sviluppato soltanto per prevedere il rischio di angiosarcoma epatico, esso fu utilizzato anche per aggiornare al ribasso il rischio di tutti gli altri cancri del fegato, escludendo tuttavia tutti i tumori non epatici. Poiché l'esposizione non era stata adeguatamente definita negli studi epidemiologici, i funzionari governativi decisero di accettare automaticamente per l’uomo la potenza cancerogena del CVM dedotta dagli studi compiuti  sugli animali.

Il rischio di cancro da CVM adottato dall'EPA può essere utilizzato per stimare solo il rischio di cancro al fegato non per tutti gli altri tipi di cancro

Entrambi i modelli accettati dai funzionari dell’EPA erano stati progettati dagli scienziati dell’industria soltanto per la valutazione del rischio di epatocarcinoma da CVM, nonostante la comunità scientifica fosse già d'accordo che questo composto chimico è un cancerogeno in grado di provocare tumori in molti altri organi e tessuti, sia negli uomini che negli animali da esperimento. Per esempio, il cloruro di vinile, somministrato per via orale o mediante inalazione a topi, ratti e scimmie produsse tumori della mammella, spingendo i ricercatori ad affermare che "…sembra ragionevole che le prove di un'aumentata incidenza di tumori mammari causati dal cloruro di vinile debbano essere prese in considerazione  durante i processi decisionali sulla gestione del rischio relativo alla potenziale esposizione umana al cloruro di vinile”.

Nel 1999, in una bozza di documento a solo uso interno, i funzionari dell'EPA proposero di applicare un fattore protettivo di tre volte per correggere il rischio di induzione di tumori  non epatici (in altre parole, ndt, i livelli “accettabili” avrebbero dovuti essere ridotti di tre volte, cioè divisi per tre, per garantire un livello maggiore di sicurezza e protezione agli operai).  Tuttavia, in una lettera spedita a questi funzionari, l'industria chimica protestò "che le prove epidemiologiche disponibili non dimostrano un'associazione fa esposizione a cloruro di vinile e neoplasie umane,  tranne che l'angiosarcoma del fegato. Pertanto, questo sconsiderato fattore d’incertezza di tre volte introdotto dall'EPA per tener conto del rischio di possibili tumori indotti in organi diversi dal fegato può essere eliminato”.

Per paura di non essere considerati abbastanza accondiscendenti, i funzionari nel loro documento conclusivo eliminarono completamente il fattore protettivo che avevano in origine incluso. Nella stessa lettera ai funzionari dell’EPA, l'industria contestò ai funzionari dell’EPA l'affermazione che "ci sono sufficienti e suggestive prove epidemiologiche che i tumori cerebrali, il cancro polmonare e le neoplasie del sistema emolinfopoietico sono associati con l'esposizione al cloruro di vinile" proponendo di cancellare questa frase dal documento finale”. I funzionari dell’EPA statunitense abbozzarono ancora una volta, naturalmente.

L'esclusione compiuta dall'EPA della valutazione del rischio per gli organi diversi dal fegato è sconvolgente. I funzionari dell’EPA americana si giustificarono adducendo due ordini di motivi: primo, avevano deciso di sposare l'affermazione di Doll che aveva concluso che le prove per l'induzione di tumori diversi dall’angiosarcoma epatico sono molto deboli; secondo, si dissero convinti che, essendo il fegato l'organo più sensibile agli effetti del CVM, gli standard di sicurezza adottati per il cancro del fegato sarebbero stati sufficienti a  proteggere adeguatamente dal rischio di cancro in tutti gli altri organi.
Tuttavia, questa visione limitata preclude la possibilità di sviluppare un sistema di valutazione del rischio standard basato sul rischio neoplastico globale da esposizione al cloruro di vinile, come richiesto dalle stesse linee guida governative americane per il calcolo del rischio cancerogeno.

L'accondiscendenza dell'EPA può avere effetti devastanti sulla salute degli esposti al CVM 

Modificare al ribasso il rischio per i cancri non epatici ha, infatti,  importanti e devastanti conseguenze pratiche. Significa, per esempio, che il pubblico e i lavoratori esposti non sono adeguatamente informati sul rischio per la loro salute derivante dall'esposizione ai prodotti contenenti cloruro di vinile, durante la fabbricazione e l'inquinamento ambientale da questa sostanza. Inoltre, i medici hanno minore probabilità di sospettare un collegamento tra il cloruro di vinile nei pazienti con cancri non epatici, con la concreta probabilità che la correlazione causale fra CVM e neoplasie non epatiche non venga colta. Infine, la revisione al ribasso  del rischio dei cancri non epatici da parte dell’EPA può avere anche importanti conseguenze nei processi intentati per il risarcimento del danno, poiché le richieste di indennizzo per tumori siti diversi dal fegato sono in genere facilmente contestabili nei tribunali.

Il regolamento dell’EPA americana prevede la partecipazione di esperti esterni per produrre documenti scientificamente credibili. Tuttavia, almeno 7 dei 19 esperti esterni che collaborarono alla definizione del rischio derivante all’ esposizione al cloruro di vinile erano impiegati o consulenti dell'industria chimica, quattro erano rappresentanti governativi e nessuno era un rappresentante di associazioni o di gruppi portatori  di pubblico interesse. Questo comitato, pesantemente condizionato dai rappresentanti degli interessi degli industriali, permise che fosse considerato valido il concetto secondo il quale i limiti di “sicurezza” scelti per il cancro del fegato da CVM fossero considerati anche sufficientemente protettivi per tutti gli altri tipi di cancro. Il comitato respinse la proposta di introdurre un qualsiasi fattore di correzione protettivo per il rischio di cancro non epatico e ridusse arbitrariamente di 10 volte il rischio di cancro da inalazione di cloruro di vinile. In altre parole, grazie alla decisione di questo comitato, i livelli d’inquinamento permessi potevano aumentare di 10 volte.

Per alcuni dei più diffusi composti chimici e tossici sottoposi a regolamentazione, sono le industrie a generare la maggior parte dei dati, che spesso non sono poi pubblicati, dati che sono utilizzati per la valutazione del rischio cancerogeno da parte dei funzionari governativi. Sfortunatamente, le capacità e i mezzi delle industrie sottoposte a regolamentazione quasi sempre superano le molto più modeste capacità e i mezzi  del pubblico, delle associazioni di cittadini e  dei gruppi di pubblico interesse di partecipare attivamente ai processi decisionali.
In un'intervista rilasciata nel 2002, Paul Gilman, a quel tempo consulente scientifico del direttore dell’EPA, espresse la sua insoddisfazione per le intromissioni dell'industria nelle decisioni governative: “..il tempo che impieghiamo a lavorare con le parti esterne è molto di più rispetto a quello che impiegheremmo da soli  per elaborare previsioni tossicologiche interne. Ad oggi, questo processo non ha consentito di risparmiare tempo né risorse come inizialmente sperato”.

Nonostante queste considerazioni deludenti, nell'agosto 2004, l'EPA annunciò dei cambiamenti nel processo di revisione della tossicità dei pesticidi, revisione che avrebbe consentito un maggiore impegno degli esperti nominati dall'industria ed una loro maggiore partecipazione nell'elaborazione delle recensioni scientifiche dell’US-EPA con lo scopo di ridurre i tempi impiegati dall'agenzia per rivedere i suoi documenti. La tendenza ad accettare la partecipazione e l'intromissione dell'industria consente alle corporazioni di difendere meglio i loro interessi e di veder più facilmente accolte le loro richieste di adozione di limiti più accettabili per l'esposizione del pubblico ai loro stessi prodotti o ai rifiuti, rendendo particolarmente oneroso e praticamente impossibile agli scienziati governativi e al pubblico,  di provvedere a un adeguato controllo.

La fiducia del pubblico è minata ogni qualvolta gli interessi commerciali, e non le valutazioni scientifiche, orientano e modellano le scelte riguardanti la salute pubblica.


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Commento
Dopo aver letto questo articolo, quanti di voi hanno ancora fiducia nella veridicità e nella validità delle affermazioni riportate dal Giornale di Vicenza ( e da altri organi di stampa) e rilasciate da rappresentanti delle istituzioni sanitarie che ripetono pappagallescamente  dati fasulli adottati acriticamente  da funzionari americani a loro volta imbeccati da scienziati al soldo delle multinazionali chimiche?
Se pensate che questo sia un caso isolato vi sbagliate di grosso. Anche le agenzie governative europee sono pesantemente influenzate da ricercatori che stanno sul libro paga delle multinazionali. Tanto per stare ad un altro episodio di contaminazione delle acque potabile che ci riguarda da vicino, mi riferisco ovviamente alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche, è dimostrato che numerosi dirigenti dell’EFSA, sono in conflitto di interesse avendo avuto finanziamenti e fondi per le loro ricerche proprio dalle ditte che producono PFOA e PFOS. Ma questa è un’altra storia che vi racconterò nei prossimi giorni, se avrete la pazienza di seguirmi

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* Il rapporto standardizzato di mortalità, è il rapporto tra il numero di casi di morte osservati e il numero di casi attesi; esprime l’eccesso (SMR maggiore di 1) o il difetto (SMR minore di 1) di mortalità esistente tra la popolazione osservata e la popolazione presa come riferimento.

Riferimenti bibliografici

1 commento:

  1. In questi due allegati troverai alcune ulteriori prove sulla possibile deviazione della ricerca da parte delle corporations..
    http://www.iss.it/binary/publ/cont/I_Parte_Rapporto_9722_Compr.pdf

    https://www.researchgate.net/publication/5639414_Reanalysis_of_updated_mortality_among_vinyl_and_polyvinyl_chloride_workers_Confirmation_of_historical_evidence_and_new_findings

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